martedì 14 maggio 2013

MUTAZIONI GENETICHE

Agli inizi del Novecento il botanico olandese Hugo De Vries defini' per la prima volta le mutazioni genetiche: secondo lui erano caratteristiche appartenenti al fenotipo. Attualmente è stato dimostrato che queste, invece, appartengono ai genotipi: una mutazione è un cambiamento della sequenza e/o del numero di nucleotidi in un segmento dell'acido nucleico. Queste anomalie possono manifestarsi nei gameti o nelle loro cellule d'origine e vengono trasmesse alle generazioni successive. La maggior parte delle mutazioni riguardano la sostituzione, l'aggiunta o la perdita di un singolo nucleotide: vengono dette mutazioni puntiformi. Esistono anche mutazioni causate dalla sostituzione di basi azotate: se viene inserito un amminoacido diverso da quello vengono dette mutazioni di senso (per esempio, l'anemia falciforme). Tuttavia, puo' anche capitare che la sostituzione di un amminoacido non comporti alcun danno a proteine o cellule: in questo caso si parla di mutazioni non senso; in tali situazioni viene provocata la fine della sintesi proteica dato che il nucleotide viene sostituito con un codone d'arresto. Si possono avere quindi disfunzioni come la distrofia muscolare di Duchenne.
Il terzo tipo di mutazioni viene detto mutazione silente quando al cambiamento di nucleotide non corrisponde nessuna sostituzione di amminoacidi durante la traduzione: non si hanno quindi danni fisici per l'individuo.
Le mutazioni possono essere di due tipi: spontanee, nel caso dell'inserimento di una base azotata errata durante la duplicazione del DNA, oppure indotte; in tal caso a provocarle sono cause ambientali (raggi X, raggi UV, sostanze mutageni).

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