lunedì 29 aprile 2013

TRASCRIZIONE ED ELABORAZIONE DELL'RNA MESSAGGERO

L'assemblamento di molecole di RNA inizia da uno dei due filamenti di DNA secondo lo stesso principio della duplicazione dell'acido desossiribonucleico. Alla stessa maniera del DNA, una molecola di RNA ha un'estremità 5' e una 3'. I nucleotidi si aggiungono alla catena di RNA, dove perdono due gruppi fosfato. Questo processo viene chiamato trascrizione, dato che il suo scopo è proprio quello di "ricopiare" un segmento di DNA (e di conseguenza un'informazione) in una molecola di RNA, la quale prende il nome di trascritto. Alcune sequenze di nucleotidi del DNA vengono chiamate promotori (o promoters) e fungono da siti di legame per l'enzima RNA polimerasi. In questi punti i filamenti di DNA si separano e continuano la loro divisione a mano a mano che l'RNA polimerasi si sposta lungo la molecola. L'assemblamento dell'RNA avviene in direzione 5'-3' mentre l'RNA polimerasi "analizza" il filamento di DNA nella direzione inversa. A terminare il processo di trascrizione vi sono le sequenze di arresto, le quali segnalano i punti dove la "copiatura" deve finire. Al termine dell'operazione, il DNA resta all'interno del nucleo per essere riutilizzato; l'mRNA, invece, si scompone fino a che non sarà necessario eseguire nuovamente il procedimento.


INTRODUZIONE SULL'RNA

Le ricerche di Pauling dimostrarono che il DNA è l'insieme delle istruzioni di sintesi delle strutture e le funzioni cellulari. La sequenza degli aminoacidi corrisponde ad una precisa proteina, e sorse quindi un quesito legato alla traduzione delle basi. Si scoprì quindi l'RNA (acido ribonucleico), ossia una sostanza chimicamente affine al DNA, era fondamentale per la traduzione dei segmenti di DNA in esatte sequenze di aminoacidi, permettendo la creazione delle strutture proteiche. Dalle ricerche eseguite si constatò che le cellule ricche di RNA sono in grado di sintetizzare grandi quantità di proteine; inoltre nelle cellule eucariote l'RNA abbonda nel citosol, dove ha luogo la maggior parte della sintesi proteica. Infine, si scoprì che alcuni virus non possiedono DNA e sono quindi composti esclusivamente da DNA e proteine, come per esempio il virus del mosaico del tabacco. Si dedusse, grazie a queste ricerche, che l'RNA contiene informazioni sulla struttura proteica alla stessa maniera del DNA; si scoprì inoltre che ben tre tipi di RNA possono agire nelle strutture proteiche: l'mRNA (RNA messaggero), l'rRNA (RNA ribosomiale) e il tRNA (RNA transfer).

domenica 14 aprile 2013

LA FORMA DEL DNA

Fu dimostrato che il DNA è composto da una serie di "mattoni" definiti nucleotidi, i quali sono composti dal desossiribosio (uno zucchero), un gruppo fosfato e una tra quattro basi azotate (adenina, guanina, citosina, timina). Fosfati e zuccheri creano, unendosi, lunghe catene polimeriche. Altri esperimenti dimostrarono che il rapporto adenina-timina e guanina-citosina sono costanti. La cristallografia a raggi X ha dimostrato che il DNA ha una forma a doppia elica, simile ad una scala a pioli ritorta. I primi a scoprire la composizione della sua struttura tridimensionale furono James Watson e Francis Crick nel 1953 al laboratorio Cavendish di Cambridge, in Inghilterra. I due scienziati dimostrarono che il DNA era l'alternanza di molecole di desossiribosio e di fosfato a creare il montante della scala, mentre i pioli sono composti dalle accoppiate adenina-timina e guanina-citosina.

L'ESPERIMENTO
Nel 1953 Francis e Crick pubblicarono il primo modello molecolare di DNA, interessati a determinarne la struttura basandosi su ciò che si era scoperto dal punto di vista chimico. In precedenza, Levene aveva dimostrato che i nucleotidi erano composti da gruppi fosfato aggregati a zuccheri desossiribosio i quali erano legati a una delle quattro basi azotate (A, G, C, T), dove gli zuccheri e i fosfati sono collegati tra loro in successione. Tuttavia vi era un errore in questa teoria: non era presente un'"intelligenza" che controllasse la successione di informazioni, indispensabile per creare le informazioni di un singolo essere vivente. Erwin Chargaff, nel frattempo, isolò il DNA da diversi organismi e noto che la quantità di adenina e timina erano costanti, cosi come la coppia guanina-citosina. Si noto però che i rapporti delle due coppie differivano da organismo a organismo, cosa che non poteva accadere se la successione di DNA fosse stata identica per tutti gli esseri viventi. Sempre nello stesso periodo, Linus Pauling usò la cristallografia ai raggi X per determinare una struttura a trivella. La cristallografia a raggi X prevedeva di far deviare questi raggi in modo da crearne un'immagine su pellicola fotografica. Si ottenne una struttura a forma di X, la quale corrispondeva ad un andamento ad elica, il cui diametro resta sempre invariato. Si determinò l'altezza di un giro d'elica pari a 34 Angstrom, mentre la distanza tra due basi come 3,4 Angstrom. Di conseguenza, ci sono dieci nucleotidi in un giro di elica. Dagli studi si determinò anche che l'elica del DNA doveva essere doppia con i gruppi fosfato all'esterno e le basi all'interno. Si cercò successivamente di determinare l'incastro delle eliche e la disposizione delle basi azotate. Linus Pauling avanzò la sua ipotesi, proponendo una struttura a tripla elica, dove mise i gruppi fosfati all'interno di ogni elica e le basi azotate rivolte all'esterno. Tuttavia, considerando le cariche negative sui gruppi fosfato, la struttura di Pauling sarebbe esplosa a causa delle repulsioni magnetiche. Venne quindi determinato da Watson e Crick che le basi azotate dovevano essere disposte in coppia di uguale lunghezza per creare una struttura regolare. Gli unici accoppiamenti soddisfacenti furono adenina-timina e guanina-citosina. Venne quindi fabbricato il primo modello di DNA tridimensionale e pubblicarono un articolo di 900 parole sulla rivista Nature.

mercoledì 3 aprile 2013

LA COMPOSIZIONE DEL GENE

Negli anni '20 si scoprì che alcuni batteri "inoffensivi" potevano diventare pericolosi se mescolati a batteri "infetti" uccisi in precedenza. Si ipotizzò che i batteri virulenti contenessero una particolare molecola che poteva infettare gli altri batteri innocui. Questo "meccanismo di trasformazione" fu in seguito ribattezzato gene. Negli anni '40 un gruppo di scienziati del Rockfeler Institute, capitanati da Oswald Avery, svilupparono questi esperimenti e constatarono che un estratto puro del "principio trasformante" non era intaccato dagli enzimi per la digestione di proteine, ma da un enzima che digeriva il DNA. Si concluse quindi che la molecola genetica è il DNA e non le proteine.

L'ESPERIMENTO
Oswald Avery e i suoi colleghi eseguirono una serie di esperimenti utilizzando vari ceppi di batteri Pneumococci, i quali causano la polmonite. Si notò che questi crescevano all'interno del corpo ospite e, come altri batteri, su terreni solidi o in liquidi. Nel 1928 Griffith pubblicò uno studio sui vari ceppi di Pneumococcus, due dei quali si distinguevano dalla massa: S (capsulato) e R (non capsulato). Il primo era caratterizzato da una superficie liscia dovuta da un rivestimento zuccherino dalle sembianze di una capsula, il secondo, privo di rivestimento, appariva come rugoso. Il ceppo S, a differenza di R, risultava infettivo dato che il rivestimento lo proteggeva dal sistema immunitario dell'ospite: infatti topi inoculati con il ceppo S morivano di polmonite in pochi giorni. Griffith, notando che da uno stesso paziente si potevano estrarre vari ceppi di Pneumococcus, si chiese se un ceppo poteva mutare in un altro. Eseguì quindi una nuova serie di esperimenti. Iniettò in un topo una colonia di batteri S uccisi con il calore: non procuravano nessuna infezione. Inoculò in un altro roditore sia batteri S uccisi che batteri R, i quali provocarono al topo una polmonite: Griffith rinvenne batteri S vivi nel sangue dell'animale, i quali potevano infettare altri topi. Griffith scoprì, quindi, che esisteva un "principio trasformante" trasmissibile tra colonie di batteri diverse. Avery, dopo aver letto la pubblicazione di Griffith, intraprese alcuni esperimenti insieme a Colin MacLeod e Maclyn McCarty: la differenza sostanziale fu l'utilizzo di un saggio in provetta a differenza dei topi. Si usò un detergente per lisare le cellule S uccise con il calore, e si usò il lisato come saggio di trasformazione. Si constatò che i batteri S lisati potevano trasformare ceppi R e S. Venne analizzato quindi ciascun componente del lisato per determinare quale di essi aveva attività trasformante. Il lisato venne inizialmente incubato insieme all'enzima SIII, capace di digerire il rivestimento zuccherino. Dato che il lisato poteva trasformare ancora, il lisato venne incubato con enzimi capaci di digerire proteine, tripsina e chimotripsina, notando che il principio non era nemmeno una proteina. Vennero quindi isolati da Pneumococcus il DNA e l'RNA, precipitati con alcol e sciolti in acqua. Quindi, venne prima distrutto l'RNA usando l'Rnasi. Non ottenendo risultati, il DNA venne sciolto con Dnasi e si scoprì, finalmente, che il "principio trasformante" era il DNA. I risultati vennero pubblicati nel 1944.


Gene

DNA NEI BATTERI E NEI VIRUS

I microscopi ci hanno permesso di scoprire l'esistenza di batteri a singola cellula. Tuttavia, ci fu un forte dibattito se i batteri possedessero o meno i geni e sulle eventuali caratteristiche in comune con forme di vita superiori. Si riuscì a trovare una risposta a ciò negli anni '40, quando si scoprì che anche i batteri avevano un sesso. Infatti questi ultimi, durante il processo di accoppiamento, si scambiano materiale genetico mediante un canale di appaiamento che collega i due batteri. Secondo il microscopio elettronico, anche i virus batterici effettuavano un processo simile. Un virus che attacca un batterio, infatti, inietta i suoi geni mediante la coda, molto simile ad un canale. Nel 1952 Alfred Hershey dimostrò che il DNA è responsabile della duplicazione di virus all'interno di cellule infette, confermando quindi gli esperimenti eseguiti da Avery, secondo il quale i geni sono composti da DNA. Emerse quindi che i virus, alla stessa maniera dei batteri, potevano essere utilizzati per studiare i principi della genetica.

L'ESPERIMENTO
Joshua Lederberg lavorava, nel 1945, come laureato nel laboratorio di Tatum. In quel periodo lesse l'articolo di Avery sulla capacità trasformante del DNA, cominciando ad interessarsene. Per rispondere al perché del trasferimento di DNA da un batterio all'altro, ipotizzò che questi ultimi erano in grado di accoppiarsi fisicamente scambiando il DNA. Nel frattempo Tatum eseguì delle mutazioni ai batteri E.coli per poter studiare il fenomeno per cui un gene corrisponde ad un enzima. In maniera simile a Neurospora, E.coli può sintetizzare tutti i nutrienti di cui ha bisogno. Per esempio, E.coli possiede enzimi legati a molecole di precursore convertibili in aminoacidi come metionina, prolina, theorina e biotina. Tatum creò un mutante impossibilitato a sintetizzare tutti questi nutrienti. Per esempio, il mutante #1, a causa di due mutazioni genetiche (met" e bio") non poteva produrre l'aminoacido metionina o la vitamina biotina; tuttavia era ancora in grado di produrre il resto degli aminoacidi e delle vitamine. Il ceppo mutante #2, invece, possedeva altre due mutazioni genetiche (pro¯ e thr¯) che gli impedivano si sintetizzare prolina e theonina, ma non gli altri aminoacidi o vitamine. Questi ceppi mutanti crescevano su terreni arricchiti con gli integratori adatti, sui quali erano ben visibili a occhio nudo le colonie batteriche, le quali si creano da una singola cellula batterica divisa ripetutamente. Vennero quindi adottati i mutanti #1 e #2 dato che essi erano "complementari" l'uno con l'altro. Inizialmente vennero fatti crescere in una coltura contenente tutti e quattro gli integratori. Dopo aver lasciato crescere i due ceppi, li sparse su un piatto di coltura senza "aggiunte" in modo da isolare le singole cellule batteriche dato che le cellule "sopravvissute" possiederanno tutti e quattro i geni presi in analisi. Infatti alcune colonie batteriche crebbero sulla piastra non arricchita, dimostrando che i mutanti si sono "passati" le coppie di geni mancanti tra loro. Venne calcolato che questo fenomeno poteva avvenire in un caso su un milione di batteri cresciuti insieme nello stesso contenitore. Questo processo di scambo genetico mediante contatto diretto tra batteri venne chiamato coniugazione. WH scoprì, in seguito, che la coniugazione avveniva esclusivamente mediante batteri di diversa tipologia. Il trasferimento di geni avviene mediante un canale, detto pilo, ove questi si spostano dal batterio "+" al batterio "-". Questo "accoppiamento" poteva essere interrotto agitando la coltura batterica e si notò che più tempo passava dalla "divisione forzata" delle due cellule più geni venivano trasferiti in seguito; ciò permise di studiare l'ordine di alcuni geni batterici. I batteri furono anche utilizzati per analizzare la funzione genica di organismi superiori.


Coniugazione batterica

IL GENE COME PROTEINA

Nel 1902 il medico inglese Archibald Garrod (1857-1936), grazie ai suoi studi sugli errori congeniti del metabolismo, scoprì che la malattia dell'alcaptonuria (che provoca la comparsa di urine scure) era dovuta dalla mutazione di un gene, che causava problemi nello smaltimento corretto dei liquidi residui. L'ipotesi della mutazione genetica fu dimostrata nel 1941 da George Beadle e da Edward Tatum, che utilizzarono per il loro esperimento l'organismo Neurospora, ossia la muffa del pane. I due scoprirono che le muffe esposte a radiazione perdevano la capacità di produrre nutrienti essenziali, rallentando o bloccando la loro crescita. Si scoprì, tuttavia, che era possibile ripristinarne lo sviluppo fornendo dall'esterno i nutrienti "mancanti" mediante supplementi specifici. Si concluse quindi che ciascuna mutazione disattivava la capacità di sintetizzare uno specifico nutriente. Dunque, ciascun gene ha le informazioni per creare una proteina.

L'ESPERIMENTO
Nel 1941 Beagle e Tatum eseguirono gli esperimenti con Neurospora. I loro dati confermarono la teoria di Garrod del 1902, ossia che le malattie ereditarie risultano essere "errori congeniti del metabolismo" causati da pecche o deficienze in un determinato passaggio della via biochimica dell'organismo. Venne utilizzata Neurospora per il fatto che risultava essere un organismo aploide per buona parte della vita; di conseguenza non era necessario considerare alleli dominanti o recessivi. Neurospora tende a crescere su un terreno ove siano presenti zuccheri, sali inorganici e biotina. Normalmente la muffa citata in precedenza è capace di trasformare queste sostanze in aminoacidi e vitamine necessari per la sua crescita. Si pensò quindi che, mutando ciascun gene che produceva un enzima, si sarebbe ottenuto un ceppo di Neurospora impossibilitato a crescere su di un terreno minimo, a meno che non venga inserito nel terreno stesso il prodotto dell'enzima "mancante". Nel 1927 Muller dimostrò che i raggi X provocavano mutazioni genetiche. Si pensò quindi di irradiare una coltura di Neurospora con questi ultimi, e si pensò di ottenere un mutante impossibilitato a crescere su di un terreno minimo. Si fece quindi sviluppare la discendenza di Neurospora "irradiata" su un terreno "completo" di tutte le vitamine e aminoacidi necessari. Successivamente si provò a far prosperare quest'ultima su di un terreno minimo. Si provò con la coltura 299 e si constatò che non cresceva su terreno arricchito di aminoacidi ma su terreno arricchito di vitamine: il ceppo non riusciva quindi a sintetizzare una delle vitamine. Aggiungendo successivamente alla coltura le vitamine una per una, si scoprì che la muffa non era in grado di sintetizzare la vitamina B6, essendo uno degli enzimi della via sintetica alterato (probabilmente a causa dei raggi X). Si eseguì lo stesso esperimento su vari ceppi mutati di Neurospora, riuscendo ad analizzare la via di sintesi di molte vitamine e aminoacidi. Per esempio, l'arginina (un aminoacido) è sintetizzato da vari passaggi consecutivi accelerati dagli enzimi. Ciascun passaggio della via di sintesi crea un determinato aminoacido partendo dalla molecola precursore. Tra i mutanti per l'arginina sarà quindi necessario aggiungere ornitina, citrullina o arginina al ceppo a seconda del "punto di sintesi" danneggiato: se manca citrullina, ad esempio, bisognerà aggiungerla per permettere la sintesi dell'arginina.
Si dimostrò quindi la teoria di Garrod.


Neurospora Crassa