mercoledì 3 aprile 2013

DNA NEI BATTERI E NEI VIRUS

I microscopi ci hanno permesso di scoprire l'esistenza di batteri a singola cellula. Tuttavia, ci fu un forte dibattito se i batteri possedessero o meno i geni e sulle eventuali caratteristiche in comune con forme di vita superiori. Si riuscì a trovare una risposta a ciò negli anni '40, quando si scoprì che anche i batteri avevano un sesso. Infatti questi ultimi, durante il processo di accoppiamento, si scambiano materiale genetico mediante un canale di appaiamento che collega i due batteri. Secondo il microscopio elettronico, anche i virus batterici effettuavano un processo simile. Un virus che attacca un batterio, infatti, inietta i suoi geni mediante la coda, molto simile ad un canale. Nel 1952 Alfred Hershey dimostrò che il DNA è responsabile della duplicazione di virus all'interno di cellule infette, confermando quindi gli esperimenti eseguiti da Avery, secondo il quale i geni sono composti da DNA. Emerse quindi che i virus, alla stessa maniera dei batteri, potevano essere utilizzati per studiare i principi della genetica.

L'ESPERIMENTO
Joshua Lederberg lavorava, nel 1945, come laureato nel laboratorio di Tatum. In quel periodo lesse l'articolo di Avery sulla capacità trasformante del DNA, cominciando ad interessarsene. Per rispondere al perché del trasferimento di DNA da un batterio all'altro, ipotizzò che questi ultimi erano in grado di accoppiarsi fisicamente scambiando il DNA. Nel frattempo Tatum eseguì delle mutazioni ai batteri E.coli per poter studiare il fenomeno per cui un gene corrisponde ad un enzima. In maniera simile a Neurospora, E.coli può sintetizzare tutti i nutrienti di cui ha bisogno. Per esempio, E.coli possiede enzimi legati a molecole di precursore convertibili in aminoacidi come metionina, prolina, theorina e biotina. Tatum creò un mutante impossibilitato a sintetizzare tutti questi nutrienti. Per esempio, il mutante #1, a causa di due mutazioni genetiche (met" e bio") non poteva produrre l'aminoacido metionina o la vitamina biotina; tuttavia era ancora in grado di produrre il resto degli aminoacidi e delle vitamine. Il ceppo mutante #2, invece, possedeva altre due mutazioni genetiche (pro¯ e thr¯) che gli impedivano si sintetizzare prolina e theonina, ma non gli altri aminoacidi o vitamine. Questi ceppi mutanti crescevano su terreni arricchiti con gli integratori adatti, sui quali erano ben visibili a occhio nudo le colonie batteriche, le quali si creano da una singola cellula batterica divisa ripetutamente. Vennero quindi adottati i mutanti #1 e #2 dato che essi erano "complementari" l'uno con l'altro. Inizialmente vennero fatti crescere in una coltura contenente tutti e quattro gli integratori. Dopo aver lasciato crescere i due ceppi, li sparse su un piatto di coltura senza "aggiunte" in modo da isolare le singole cellule batteriche dato che le cellule "sopravvissute" possiederanno tutti e quattro i geni presi in analisi. Infatti alcune colonie batteriche crebbero sulla piastra non arricchita, dimostrando che i mutanti si sono "passati" le coppie di geni mancanti tra loro. Venne calcolato che questo fenomeno poteva avvenire in un caso su un milione di batteri cresciuti insieme nello stesso contenitore. Questo processo di scambo genetico mediante contatto diretto tra batteri venne chiamato coniugazione. WH scoprì, in seguito, che la coniugazione avveniva esclusivamente mediante batteri di diversa tipologia. Il trasferimento di geni avviene mediante un canale, detto pilo, ove questi si spostano dal batterio "+" al batterio "-". Questo "accoppiamento" poteva essere interrotto agitando la coltura batterica e si notò che più tempo passava dalla "divisione forzata" delle due cellule più geni venivano trasferiti in seguito; ciò permise di studiare l'ordine di alcuni geni batterici. I batteri furono anche utilizzati per analizzare la funzione genica di organismi superiori.


Coniugazione batterica

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